Il mondo misterioso e affascinante di Bitcoin: un’introduzione

Gran parte di questo numero del Menabò è dedicata a Bitcoin, la moneta virtuale che può essere considerata una delle grandi, e controverse, novità del nostro tempo, frutto di molte circostanze: il progresso tecnico, la globalizzazione e anche l’insoddisfazione verso le istituzioni che oggi governano la moneta. Massimo Molinari ci introduce nell’Universo Bitcoin.

Bitcoin: pregi e difetti della moneta virtuale

Ronny Mazzocchi e Mattia Del Piero analizzano la capacità di Bitcoin di risolvere alcuni storici problemi dei tradizionali sistemi di pagamento. I due autori si chiedono se la nuova moneta possa imporsi nei sistemi di pagamento mondiali e competere con le valute tradizionali e suggeriscono che proprio le due caratteristiche principali che la distinguono – non essere presente in forma fisica e non avere un istituto di emissione – rischiano di minarne la capacità di rappresentare una concreta alternativa alle vecchie valute.

Il posto di Bitcoin nella storia delle monete

Paolo Paesani ricorda che la storia della moneta è costellata di esperimenti e Bitcoin è uno di essi. Pura moneta-segno Bitcoin è pensato per circolare a livello globale sfruttando l’ubiquità della rete. Reso possibile dalla fusione tra progresso tecnologico e  globalizzazione, Bitcoin è, secondo Paesani, coerente con l’evoluzione storica dei mezzi di pagamento e può durare nel tempo. Tuttavia la fiducia nei suoi confronti, essenziale per il suo successo, potrebbe essere minata da vari incidenti e dalle brusche oscillazioni nel suo valore.

Bitcoin, paleomonete, alternative currencies: qualche spunto antropologico

Gino Satta analizza Bitcoin dal punto di vista dell’antropologo, prendendo spunto da un articolo dell’Economist che accosta Bitcoin alla moneta di pietra dell’isola di Yap. L’analogia, che ha una lunga e interessante storia, è stimolante ma può essere fuorviante. Secondo Satta l’antropologia economica può contribuire all’analisi delle monete virtuali soprattutto con un approccio etnografico ai contesti sociali che analizzi le credenze, gli usi, le relazioni degli attori coinvolti.

L’istruzione degli imprenditori e le conseguenze per il lavoro

Andrea Ricci illustra una caratteristica delle imprese italiane solitamente trascurata eppure densa di implicazioni per il modo in cui esse vengono gestite e per la loro competitività. Si tratta del fatto che i nostri imprenditori sono mediamente meno istruiti dei loro colleghi europei e, in base a un’analisi econometrica, la presenza di un imprenditore laureato incide molto su variabili decisive per la utilizzazione e la valorizzazione del capitale umano, in particolare incide sulla quota di lavoratori ai quali le imprese offrono occasioni di formazione professionale.

Il finanziamento dell’Università e la meritocrazia in salsa italiana

Francesco Ferrante parte dalla bozza di decreto ministeriale sull’assegnazione delle risorse alle università. Il criterio adottato, quello dei costi standard, è condivisibile ma la sua applicazione è del tutto insoddisfacente. Il punto principale riguarda l’esclusione dei fuori corso dal calcolo del fabbisogno. Il presupposto è che la loro presenza sia dovuta a carenze delle Università. Riportando i risultati di un recente test Ferrante mostra che, invece, è decisiva la qualità degli studenti al momento in cui entrano nelle Università.

L’Investimento pubblico è il solo volano possibile per l’economia

Francesco Saraceno osserva che se la deflazione ha costretto i policy makers europei a riconoscere che stiamo vivendo una grave crisi di domanda essa non ha prodotto cambiamenti di politiche. Ad esempio la Draghinomics evoca il ritorno della politica fiscale ma riafferma la priorità delle riforme dal lato dell’offerta e il rispetto dei vincoli fiscali. Saraceno esclude che nel fiscal compact vi sia spazio per la necessaria politica di rilancio degli investimenti pubblici e invoca la loro esclusione dal calcolo del deficit.

Populismi nazionali e sovranazionali alla luce della crisi

Roberta Calvano torna sul tema dei partiti populisti già affrontato nel Menabò, dando conto dell’attività fin qui svolta da questi partiti all’interno del Parlamento Europeo. Esaminando in particolare il Movimento 5 Stelle e l’UKIP, Calvano rileva, da un lato, le difficoltà che questi partiti hanno nel formulare proposte efficaci e, dall’altro, l’influenza che alcune delle loro proposte, spesso criticabili, finiscono per avere sia sulle strategie degli altri partiti, che sul dibattito sui diritti e sulle trasformazioni dello stato costituzionale. 

Le cooperative di lavoratori e le sfide del capitalismo

Claudio Treves coglie l’occasione della recente costituzione in cooperativa dei lavoratori della Unilever di Marsiglia diretta a impedire la chiusura dell’impresa per riflettere sui problemi che incontrano oggi le cooperative come forma alternativa di organizzazione della produzione. In particolare, egli richiama l’attenzione sulla questione delle competenze, su quella del funzionamento della democrazia interna e sulla degenerazione della natura delle cooperative indotta dai vantaggi fiscali riconosciuti a questa forma di impresa.

All’origine delle istituzioni del Mezzogiorno

Questo numero del Menabò, il primo dopo la pausa estiva, si apre con un contributo di Ugo Pagano che, esaminando criticamente alcuni recenti contributi sul tema, illustra i complessi rapporti che intercorrono tra istituzioni e sviluppo economico e ne mostra l’importanza per comprendere la storia del Mezzogiorno. In particolare, Pagano sostiene che all’affermarsi di un’istituzione “estrattiva” come la Mafia non è stata estranea l’azione di un paese con istituzioni “inclusive” come l’Inghilterra.