Sulla giostra dell’euro: restare o scendere?

Giorgio Rodano sostiene che l’euro non è stata una buona idea perché è nato come compromesso politico tra Francia e Germania, oltretutto viziato da una visione particolaristica. Secondo Rodano in assenza di una forte iniziativa finalizzata all’integrazione e alla crescita dell’area, le politiche economiche dei singoli paesi incontrano vincoli stringenti. Tuttavia, uscire dall’euro non è conveniente per un singolo paese e può destabilizzare l’intera area. Anche per questo, è molto rischioso giocare col futuro della Grecia.

L’estate del nostro scontento

Francesco Farina sostiene che un’integrazione finanziaria senza regole e la crescente competizione cui sono state sottoposte le più deboli strutture produttive della Periferia mostrano che nell’Eurozona l’equilibrio macroeconomico dipende non dall’efficienza di ciascun sistema economico ma dalle interconnessioni che si stabiliscono tra paesi. Secondo Farina, dopo aver sottovalutato le esternalità provocate dall’interdipendenza sistemica, e gli effetti recessivi dell’austerità, i governanti europei non sembrano consapevoli che le istituzioni di governance richiedono profonde riforme.

La valutazione nella scuola e il suo buon uso

Daniele Checchi affronta la spinosa questione della valutazione che, come egli sottolinea, deve riguardare le scuole e non gli insegnanti. Facendo riferimento anche all’esperienza dell’INVALSI, Checchi sostiene che la valutazione, se soddisfa alcune condizioni, è indispensabile non soltanto perché mette a disposizione delle famiglie informazioni utili per compiere scelte più consapevoli ma anche perché introduce nel sistema un meccanismo che è in grado di favorire il miglioramento e previene il rischio che scuole scadenti continuino ad essere tali.

Le politiche di austerità nei paesi mediterranei

Massimo D’Antoni e Gianluigi Nocella esaminano le politiche economiche raccomandate dalle istituzioni sovranazionali per i paesi del Sud Europa e sostengono che i dati disponibili non permettono di considerare la mancanza di disciplina fiscale quale causa rilevante della crisi dei debiti sovrani. Pertanto, i piani di riforma lanciati per farvi fronte, tutti concentrati su forti riduzioni della spesa pubblica, non appaiono giustificati. Al contrario, essi sono in continuità con i percorsi di riforma intrapresi prima della crisi che, sotto diversi aspetti, hanno contribuito a determinarla.

L’inclusione delle attività illegali nel PIL e le politiche pubbliche

Michele Morciano torna sul tema già trattato nel Menabò dell’inclusione nel PIL delle attività illegali che danno luogo a uno scambio volontario nel mercato. L’occasione è la pubblicazione delle stime del PIL per il 2015 e il 2016 inclusive di queste attività. Morciano osserva che la volontarietà dello scambio non elimina il fatto che lo scambio volontario presuppone l’attività criminale di produzione di quei “beni” che lo stato deve contrastare. Ciò pone le politiche pubbliche per la crescita di fronte a una contraddizione, per superare la quale Morciano avanza una proposta.

Stagnazione secolare o trappola della liquidità?

Massimiliano Tancioni si occupa della tesi, sostenuta per primo da Summers, che nel nostro futuro ci sia una “stagnazione secolare”. Tancioni sottolinea che per molti aspetti la “stagnazione secolare” non è facilmente distinguibile dalla keynesiana “trappola della liquidità” e discute le varie politiche proposte per contrastarla. In particolare, egli sostiene che alcune politiche strutturali, orientate a ripristinare le condizioni di redditività di lungo periodo, possono aggravare la situazione economica nell’immediato

Invertire il declino italiano: il ruolo delle istituzioni

Gilberto Seravalli si interroga sul ruolo che le istituzioni dovrebbero avere per rianimare un’economia stagnante e sostiene che alla diffusa ricetta “più concorrenza, meno conflitto, più capacità di comando” un’importante letteratura suggerisce di sostituire quella che prevede “più confronto anche conflittuale tra modi di vedere e più sperimentalismo per adottare soluzioni che funzionano davvero”. Il modo in cui Venezia affrontò tra il XIV e il XVII secolo il problema della laguna è, secondo Seravalli, un buon esempio di applicazione di questa ricetta

Modelli di regolazione sociale: prevenire è meglio che curare

Francesco Ferrante e Fabio D’Orlando, richiamandosi a alcuni recenti contributi di economia sperimentale, sostengono che le recessioni generano anche costi non pecuniari (principalmente di natura psicologica). Tali costi non possono essere trascurati nel calcolo del benessere sociale e la loro considerazione porta alla conclusione che le politiche di regolazione dei mercati finalizzate a prevenire e contrastare episodi massicci di disoccupazione sono di gran lunga più efficaci e necessarie per il benessere sociale di quanto normalmente si ritenga

A rischio di austerity. La Francia vista da Bruxelles

Aster illustra il caso della Francia che, in base a molti indicatori, è uno dei Paesi dell’area dell’euro meno colpiti dalla crisi. Ciò nonostante, essa rischia, secondo le ultime valutazioni della Commissione europea, di essere sottoposta ai meccanismi correttivi della Macroeconomic Imbalance Procedure, a causa della scarsa competitività internazionale e del peggioramento di altri indicatori. Aster ricorda che per evitare questo rischio la Francia dovrebbe riformare rapidamente il mercato del lavoro e ridurre la spesa sociale

Regionali e astensionismo: cronaca di un risultato annunciato

Cecilia Biancalana trae spunto dalle prossime elezioni regionali per trattare il tema dell’astensionismo elettorale italiano. Dopo avere esaminato le diverse spiegazioni che sono state proposte per spiegare il fenomeno Biancalana riflette sul legame che sussiste tra l’astensionismo elettorale, da un lato, e sfiducia nei partiti politici, dall’altro e si interroga sulle ragioni per cui le elezioni regionali sono particolarmente soggette al rischio di astensionismo