Questo numero del Menabò di Etica e Economia si apre con il contributo di Antonia Carparelli, la quale, dopo avere ricordato perché si è deciso di includere le attività illegali nel calcolo del Pil, illustra alcuni paradossi ai quali questa decisione potrebbe condurre, soprattutto se il Pil continuasse a essere considerato un indicatore di benessere sociale. Carparelli suggerisce di affiancare rapidamente altri indicatori al Pil e di fare comunque un uso oculato di quest’ultimo, calcolandolo prima e dopo il computo delle attività illegali e prendendo il dato senza attività illegali come parametro di riferimento per le politiche.
Successivamente, Stefano Giubboni, analizza le prospettive del (nuovo) percorso di riforma degli ammortizzatori sociali prefigurato dal Jobs Act. Dopo aver ricordato i limiti della riforma Fornero, Giubboni sottolinea che il Jobs Act mira, da un lato, a perfezionare lo strumentario già introdotto con quella riforma e, dall’altro, a superarne i maggiori limiti. La parte più problematica riguarda questo secondo obiettivo, che impone di misurarsi con la tutela contro la disoccupazione involontaria e con il coordinamento di ammortizzatori sociali e politiche attive del lavoro.
Claudio De Fiores esamina, anche alla luce delle recenti vicende sulla nomina del Presidente della Commissione europea, la tesi secondo cui, grazie alle novità del Trattato di Lisbona, in Europa si è instaurata una forma di governo di tipo parlamentare. De Fiores mostra i limiti di questa tesi e ricorda che la prospettiva di una forma di governo imperniata sulla centralità democratica del Parlamento europeo non potrà realizzarsi almeno finché non si saranno create le condizioni per cui l’Unione europea potrà configurarsi come uno Stato dotato di una propria Costituzione.
Giorgio Grasso si interroga sull’effettiva capacità delle formazioni politiche europee di competere per il potere, in modo analogo ai partiti politici nazionali. Dopo avere ricordato il ruolo che svolge la norma sui partiti inserita nei Trattati, Grasso individua nel potere del Consiglio europeo uno dei fattori principali di impedimento per una vera competizione tra i partiti europei per il potere e delinea alcune vie di uscita, non immediate ma neanche impossibili, che condurrebbero ad una radicale trasformazione della fisionomia complessiva dell’Europa.
Pietro Greco e Settimo Termini illustrano il Manifesto per un’Europa di progresso, pubblicato di recente per iniziativa di un gruppo di scienziati con lo scopo principale di contribuire a superare il momento critico che attraversa il processo di costruzione politica dell’Europa. Ricordando che il Manifesto intende essere l’inizio di un percorso, essi sottolineano il ruolo della scienza non soltanto nella promozione dello sviluppo economico ma anche nell’abbattimento delle frontiere e nell’affermarsi della democrazia.
La Scheda di Morales Sloop descrive le nuove regole (ESA-2010) per il calcolo del Pil e quelle relative alla decisione di contabilizzare nel Pil di tutti i Paesi Europei le attività illegali legate al traffico di sostanze stupefacenti, alla prostituzione e al contrabbando di sigarette e alcol. Egli offre anche una valutazione dell’impatto che si potrà avere sul Pil, delle conseguenze che ne deriveranno per i deficit ammissibili in base alle regole europee e del probabile aggravamento della comparabilità internazionale dei Pil dei diversi paesi.
Mario Gervasi, nella seconda Scheda che pubblichiamo, illustra le novità introdotte dal Trattato di Lisbona del 2007 relativamente sia al ruolo del Parlamento europeo sia al procedimento di nomina della Commissione Europea e del suo Presidente. In particolare, Gervasi mette in rilievo come queste novità possano avere contribuito a determinare lo stato di incertezza in cui si trova oggi l’Unione europea e ad alimentare qualche equivoco riguardo all’evoluzione in senso parlamentare dei rapporti istituzionali all’interno dell’Unione europea.
Nella Rubrica Contrappunti, Maurizio Franzini esamina la diffusa opinione secondo cui i ricchi reagiscono all’aumento delle tasse trasferendo la propria residenza. Dopo avere ricordato, quali siano le conoscenze non aneddotiche di cui disponiamo sull’influenza che le tasse esercitano sulle decisioni dei ricchi di trasferirsi, Franzini si chiede se le migrazioni dei ricchi indotte da inasprimenti fiscali, anche quando avessero luogo, sono in grado di produrre conseguenze negative come la riduzione del gettito fiscale o il rallentamento della crescita economica.
Infine, nella Rubrica Territori vicini, Carmela Giannino dopo avere spiegato cosa si intenda per “aree Interne” illustra le ragioni per le quali esse rappresentano una rilevante opzione strategica per la programmazione dei Fondi comunitari relativi al periodo 2014-2020. In particolare, Giannino spiega perché si tratti di una nuova opportunità in grado di assicurare a queste aree – con la mobilitazione del privato e del pubblico, anche attraverso politiche nazionali – una maggiore accumulazione di capitale infrastrutturale, sociale ed economico.
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