I liberisti sostengono che per uscire dalla crisi e garantire il massimo della ripresa occorre creare un contesto di libertà e di regole nel quale gli animal spirits degli umani possano agire. Va bene, ma se gli animal spirits continuano a dormire e non danno segni di vita occorre stimolarli, e se la stimolazione non è sufficiente occorre che il governo dello Stato suoni la sveglia e rimuova gli ostacoli al libero agire di quegli spiriti, oppure che intervenga in prima persona, avviando lavori quali siano.
Gli antistatalisti a questo punto gridano contro il pericolo comunista. Poiché tra le varie libertà c’è anche quella di credere nell’uomo nero, ipotizziamo pure che esso esista e che si scateni se lo Stato scava un pozzo di petrolio o costruisce un’autostrada. Ritengo del tutto falso, tuttavia, che l’unica alternativa all’imperante, sonnacchiosa liberismo sia lo statalismo, dato che di questo si tratta più che di comunismo. L’Italia del dopo guerra ha raggiunto clamorosi risultati con interventi che nulla avevano di statalismo. Basta pensare allo scoppio, mentre ancora si combatteva nel Nord, delle grandi lotti bracciantili per l’occupazione delle terre incolte, movimento impetuoso che cambiò la geografia economica delle regioni del Sud creando migliaia di privati imprenditori, sconvolgendo i vecchi rapporti di produzione. Mangiammo certamente, grazie al grano del Piano Marshall – ricordo personalmente le ansie di De Gasperi all’ultimo piano del Viminale per il ritardo di qualche nave Liberty carica di grano – ma anche grazie ai prodotti che cominciarono ad affluire in abbondanza dai terreni di nuova coltivazione.
Peso ancora maggiore delle lotte dei senza terra ebbe, nei primi anni della Repubblica, la lotta dei mezzadri, stanchi di chiedere al padrone assente il permesso di assumere iniziative imprenditoriali. Fu una lotta lunga e dura, durante la quale le campagne di intere regioni come l’Emilia Romagna, la Toscana, le Marche, l’Umbria cambiarono aspetto e configurazione economica, diventando alla fine del processo regioni fortemente industrializzate. Il mutamento all’inizio procedette lentamente. La stalla dei bovini cominciò ad impicciolirsi per ritagliare uno spazio destinato alla fabbrichetta, cui, all’inizio, si accedeva solo dalla stalla, e alla fine la fabbrichetta si automatizzò divenendo la componente centrale della proprietà. La legge che sancisce la fine del medioevale contratto di mezzadria è del 1964 ma in tale anno tutto era già avvenuto. Sarebbero poi venute le scarpe di St. Laurent con tanto di marchio o le scarpe Clark o Alexander.
La legge sulla mezzadria è la testimone più alta e indiscutibile di ciò che può essere fatto da un intervento che rompa i legami di costume e giuridici che ritardano gli animal spirits. Dopo di essa è venuta la globalizzazione a condizionare il mercato italiano, ma anche a portarlo al livello dei mercati mondiali più efficienti. Nulla da fare dunque sulla base delle lezioni del passato? Non penso che oggi ci siano animal spirits prigionieri di antiche leggi medioevali ma penso che vi siano situazioni di non esatta conoscenza dell’oggetto dei desideri e dei sogni che impediscono la trasformazione dei desideri in domanda pagante sul mercato. E’ in questa direzione che bisogna oggi cercare, e procedere a dare esatta conoscenza di ciò che altri paesi hanno fatto per cancellare il panico da terremoto e, soprattutto, i morti da terremoto.
26 settembre 2012
Luciano Barca
Un aiutino… agli spiriti animali.
Caro Direttore,
mi permetta di usare un tono quasi confidenziale perchè ormai la seguo da alcuni anni e durante il mio percorso universitario sotto la guida del compianto Prof. Gaetano Arfé mi sono trovato spesso a parlare con lui dei suoi articoli. Fu’ proprio il prof. Arfé a farmi conoscere questa bella rivista.
Vengo al tema del suo articolo.
La polemica in questi giorni (di questi mesi per la verità) che ruota attorno alla Fiat ha il sapore del già visto.
Per lungo tempo il messaggio della dirigenza piemontese-americana è stata impregnata di un nuovo (?) liberismo “Toglieteci i lacciuoli dei diritti che noi facciamo investimenti tali che faranno crescere l’occupazione e l’economia”.
Le cose non sono andate così.
Il mercato dell’auto è totalmente in trasformazione per la crisi dei consumi privati, la riduzione degli investimenti pubblici nel ricambio del parco automezzi e il caro petrolio.
Nei fatti il mercato dell’auto sta prendendo la forma della pera. Nella parta alta è rimasta la zona dei modelli che non risentono quasi della crisi.
Nella parte basse la competizione è talmente forte che l’industria italiana fa’ fatica a resistere dall’assalto dei marchi asiatici. Nella parte di mezzo della pera ci potrebbe essere la nuova zona di interesse. Un’area di mercato che però va occupata con modelli innovativi e che all’inizio possono scontare difficoltà. Mi riferisco alle auto ibride ed elettriche. Ma su questo mercato l’industria nazionale non da segni di vita.
In questo senso agli spiriti animali nostrani servirebbe un aiutino…