Francesco Farina insegna European Macroeconomics presso l’Università di Siena ed Economia internazionale presso la Luiss di Roma.
Francesco Farina nella seconda parte del suo articolo valuta la proposta di M. Amato et al. di istituire un’Agenzia Europea del Debito (EDA). Farina ritiene che si tratti di un notevole passo avanti nella ricerca di una strategia di sostenibilità del debito pubblico ma sostiene anche che il “gioco” fra l’EDA e i mercati dipenda da quello fra paesi “frugali” e “spendaccioni”. La fase di transizione verso l‘”equilibrio buono” richiederà che la gestione del debito da parte dell’EDA sia inquadrata in una nuova cornice di policy.
Francesco Farina parte dalla considerazione che la transizione ambientale può entrare in conflitto con il prospettato return to normal della politica monetaria e fiscale, creando problemi di finanza pubblica. Farina nella prima parte del suo intervento illustra sia il problema che si verrebbe a creare sia, come possibile soluzione, la proposta di istituire un’Agenzia Europea del debito. Nella seconda parte dell’intervento che pubblicheremo sul prossimo Menabò, Farina valuterà questa proposta.
Francesco Farina legge alcuni libri recenti alla luce della domanda: come emendare i sistemi capitalistici dai limiti (ormai molto evidenti) dell’approccio dominante? Salvati e Gilmore ritengono sufficiente passare dal “liberalismo senza vincoli” a quello “ inclusivo”. Gallegati individua le radici del neoliberismo nell’impianto ingannevole del modello teorico dell’economia. Boitani indaga le vie attraverso cui il libero mercato crea diseguaglianza. Infine, lo stesso Farina sostiene che occorre incentrare l’analisi non sul PIL aggregato ma sulla distribuzione del reddito, avendo come obiettivo non il benessere sociale ma la coesione sociale.
Francesco Farina sostiene che l’essere solidale, garantire in solido, presuppone l’appartenenza a una comunità e nota che nelle nazioni che sono al timone dell’Unione Europea, che l’hanno costruita come una comunità, le istituzioni comuni promuovono la competizione, non la convergenza fra i paesi membri. Su questa base, Farina ritiene che difficilmente il MES, il SURE, i fondi della BEI e l’European Recovery Fund, nonostante l’emergenza Covid-19, rappresenteranno una svolta verso la solidarietà.
Francesco Farina partendo dall’osservazione che tre eccellenti economisti, Olivier Blanchard, Thomas Piketty, Joe Stiglitz, sembrano avere idee alquanto diverse su temi molto scottanti come il debito pubblico, la bassa crescita e la crescente diseguaglianza, si chiede se la teoria economica sia giunta ad un punto di svolta, nelle sliding doors della governance macroeconomica, e se la preoccupazione per la sostenibilità del debito pubblico stia lasciando il posto alla preoccupazione per la crescita.
Francesco Farina prendendo spunto da un recente intervento del presidente della Banca Centrale Europea, Mario Draghi che presenta diversi motivi di interesse, sviluppa alcune considerazioni sullo stato dell’Unione Monetaria Europea. Farina, in particolare, illustra le ragioni per le quali quest’ultima non potrà fare a meno di un insieme completo di istituzioni sovra-nazionali, pena una nuova distruttiva crisi, siano i mercati finanziari oppure i governanti sovranisti e populisti a provocarla.
Francesco Farina riconduce il malessere che attraversa oggi i paesi dell’euro al debole impianto istituzionale dell’Eurozona,. A suo parere l’impatto della Grande Recessione sul benessere delle persone è stato acuito dal “sovranismo” della Germania, che ha imposto l’austerità, colpendo soprattutto i ceti più deboli e, d’altro canto, la disaffezione di ampi strati sociali per l’ integrazione europea ha scatenato il “sovranismo” dei movimenti populisti, che si oppongono all’establishment nazionale ed all’euro. Secondo Farina si tratta, in ambedue i casi, di posizioni miopi.
Francesco Farina, nella seconda parte del suo articolo, prosegue l’analisi dei problemi strutturali dell’economia italiana e del ruolo dell’euro. Farina ritiene che chi auspica un ritorno alla lira dimentica, fra l’altro, che il contesto economico europeo è irreversibilmente mutato rispetto a vent’anni fa e sostiene che bisognerebbe illuminare meglio la “zona grigia” fra economia e politica, trovando lo spazio di contrattazione nel quale ottenere il sostegno di politiche comuni europee nell’ambito di un credibile impegno ad un recupero di efficienza del sistema-Italia.
Francesco Farina in un articolo di cui su questo numero pubblichiamo la prima parte riflette sul dibattito economico che in Italia vede una contrapposizione fra chi dà tutte le colpe della deprecabile condizione del paese all’Euro e chi replica che i responsabili del declino italiano siamo solo noi. Farina sostiene che bisognerebbe riconoscere che la crisi dell’Eurozona si è sovrapposta alla crisi dell’economia italiana, e che l’austerità è stata una sciagura che ha aggravato l’impasse della nostra crescita, accentuando i fenomeni di isteresi.
Francesco Farina sostiene che un’integrazione finanziaria senza regole e la crescente competizione cui sono state sottoposte le più deboli strutture produttive della Periferia mostrano che nell’Eurozona l’equilibrio macroeconomico dipende non dall’efficienza di ciascun sistema economico ma dalle interconnessioni che si stabiliscono tra paesi. Secondo Farina, dopo aver sottovalutato le esternalità provocate dall’interdipendenza sistemica, e gli effetti recessivi dell’austerità, i governanti europei non sembrano consapevoli che le istituzioni di governance richiedono profonde riforme.