FraGRa sta per Franzini, Granaglia e Raitano. Maurizio Franzini è professore ordinario di Politica Economica nella Sapienza, Università di Roma e direttore del “Menabò di Etica e Economia”. Elena Granaglia è professore ordinario di Scienza delle Finanze nell’Università di Roma Tre e membro della Redazione del “Menabò di Etica e Economia. Michele Raitano è professore associato di Politica Economica nella Sapienza, Università di Roma e membro della Redazione del “Menabò di Etica e Economia. Hanno recentemente pubblicato assieme "Dobbiamo preoccuparci dei ricchi? Le disuguaglianze estreme nel capitalismo contemporaneo", Il Mulino, 2014 (trad. inglese Extreme inequalities in contemporary capitalism, Springer, 2016).
FraGRa nella seconda parte del loro articolo sulle critiche mosse al Reddito di Cittadinanza si soffermano sulla “spinta” che esso darebbe all’indolenza. Contro la tesi che sia dominante il fenomeno dei “poveri indolenti”, gli autori ritengono che occorra distinguere fra situazioni molto diverse e sostengono che gli effetti di disincentivo al lavoro del Rdc sono assai deboli e in prevalenza riconducibili a cause diverse dall’indolenza, e molto più giustificabili. Volendo contrastarli la via maestra è, comunque, rendere il lavoro più attraente.
FraGRa intervengono, con un articolo in due parti, nella discussione pubblica che si è riaccesa in questi giorni sul Reddito di Cittadinanza, sostenendo che il dibattito è piuttosto confuso e manca di distinguere chiaramente le questioni e i piani analitici. Gli autori si propongono di fare un po’ di chiarezza iniziando con l’individuare due questioni critiche che chiamano, rispettivamente, del “mancato bersaglio” e della “spinta all’indolenza”. Questa prima parte dell’articolo si focalizza sul “mancato bersaglio”.
FraGRa si occupano delle difficoltà del sistema di sostegno al reddito, di fronte all’emergenza Covid, a coprire tutti gli svantaggiati e a erogare tempestivamente gli aiuti. Rivolgendo, poi, lo sguardo al futuro sostengono la necessità di incisivi interventi e indicano alcune possibili linee di marcia: provare a distinguere fra rischi di disoccupazione standard e rischi sistemici, risolvere il problema della tutela degli autonomi, riprendere la riflessione sul reddito di base nonché adottare misure che limitino le forme contrattuali atipiche e le basse retribuzioni.
FraGRa si occupano delle difficoltà del sistema di sostegno al reddito, di fronte all’emergenza Covid, a coprire tutti gli svantaggiati e a erogare tempestivamente gli aiuti e delle principali carenze delle misure finora adottate dal Governo. Rivolgendo, poi, lo sguardo al futuro sostengono la necessità di incisivi interventi e indicano alcune possibili linee di marcia: provare a distinguere fra rischi di disoccupazione standard e rischi sistemici, risolvere il problema della tutela degli autonomi, riprendere la riflessione sul reddito di base nonché adottare misure che limitino le forme contrattuali atipiche e le basse retribuzioni.
FraGRa si occupano di povertà e in particolare della ragionevolezza dello slogan “Aboliamo la povertà”, mettendo in luce la molteplicità di valutazioni normative e di limiti informativi che rendono impossibile una definizione univoca della povertà. Gli autori sostengono che lungi dal giustificare l’inazione contro la povertà, tale consapevolezza permetterebbe di disegnare politiche contro la povertà più efficaci e più eque di quelle che si muovono nella logica binaria poveri vs. non poveri.
FraGRa, partendo da un’affermazione del Ministro Salvini sui benefici che la flat tax genererebbe anche per i più poveri attraverso il maggior reddito dei più ricchi, esaminano l’ipotesi che soggiace a tale affermazione, ovvero l’ effetto sgocciolamento o trickle down. Dopo una breve ricostruzione della storia dell’ipotesi, FraGRa sostengono che essa non è provata empiricamente ed è debole teoricamente; dunque, è inadeguata per giustificare la riduzione delle imposte ai più ricchi. La loro conclusione è che si potrebbero prestare più attenzione al trickle up.
FraGRa prendendo spunto da un recente workshop tenutosi all’Università Roma Tre tornano sul tema dei divari nei salari reali tra Nord e Sud riproponendo, con estensioni, un contributo già pubblicato sul Menabò. FraGRa sostengono, tra l’altro, che il benessere non dipende solo dai salari reali, per cui il benessere – anche degli occupati – al Sud potrebbe essere inferiore malgrado i più alti salari reali. I flussi migratori sembrano confermare questa interpretazione e rendono plausibile che riducendo i salari, anche se crescesse l’occupazione, questo squilibrio si aggravi.
FraGRa, completando la propria analisi del Reddito di Cittadinanza come proposto dal M5S, sostengono che in questo dibattito molti hanno torto e però quasi nessuno ha ragione. Ha torto, tra gli altri, chi pensa che la proposta preveda un reddito incondizionato e che sostenere il reddito equivalga a impedire il lavoro. Su questo M5S non ha torto ma ciò non vuol dire che abbia ragione. Ad avviso di FraGRa è così soprattutto perché non affronta le questioni più complesse poste dal Reddito di Cittadinanza. In realtà, quasi nessuno finora le ha affrontate. Eppure è urgente farlo.
FraGRa mettono in discussione la tendenza alla semplificazione che spesso accompagna la discussione pubblica sul reddito di cittadinanza proposto dal M5S, e che vede la contrapposizione – con pochissime eccezioni – tra chi è decisamente contrario e chi è decisamente a favore. La tesi è che così si perda di vista la complessità delle questioni da affrontare. L’articolo, il primo di due, richiama le posizioni più diffuse e delinea le caratteristiche del reddito di cittadinanza, la cui conoscenza è indispensabile per la valutazione della proposta, che sarà l’oggetto dell’articolo successivo.
FraGRa muovono dall’osservazione che finalmente l’Università sembra ricevere, nel dibattito pubblico, un’attenzione adeguata al suo ruolo e alla sua importanza. A loro avviso, tuttavia, in tale dibattito ricorrono affermazioni che rischiano di trasformarsi in veri e propri luoghi comuni. FraGRa prendono in esame cinque di questi luoghi comuni, sostengono che le basi su cui poggiano sono molto fragili e invitano a liberarsene per permettere al dibattito sull’Università di dare i migliori frutti.