Federico Butera è Professore emerito di Scienze dell’Organizzazione Università di Milano Bicocca e Roma Sapienza; Presidente della Fondazione Irso; Direttore della rivista Studi Organizzativi.
Federico Butera ricorda che durante la pandemia 6 milioni di persone hanno lavorato da casa, non più sotto il controllo diretto della gerarchia, accelerando cambiamenti in atto già dagli anni Settanta. Butera sostiene che si è aperta la sperimentazione di una new way of working diversissima dalla tradizione taylor-fordista, sostenuta da “progettisti o architetti del nuovo lavoro“ che opereranno su obiettivi di rigenerazione organizzativa, professionalizzazione diffusa e promozione della qualità della vita di lavoro.
Federico Butera richiama l’attenzione su tre formidabili sfide che, dopo l’approvazione del PNRR, occorre affrontare nell’’ultimo miglio” e sostiene che una rigorosa gestione economico-finanziaria policentrica del piano nel modello presentato dal Premier e dal suo governo può essere rafforzata da Patti Territoriali o Patti per il lavoro, ossia dall’assunzione condivisa di proposte e impegni, di programmi di lavoro e di metodi da parte di soggetti pubblici e privati che operano nell’interesse proprio e del bene comune.
Federico Butera sostiene che la questione organizzativa in Italia è cruciale per una nuova fase politica. Dopo aver ricordato quali e quanti siano, in vari ambiti, i ‘fallimenti organizzativi’ Butera spiega perché, in un momento in cui si discute del cambiamento delle Pubbliche Amministrazioni e della rigenerazione delle imprese, sono necessarie tre linee d’azione sinergiche: a) progettazione e sviluppo di organizzazioni democratiche; b) politica per il bene comune e la difesa sociale dai poteri arroganti, visibili e occulti; c) formazione e sviluppo di persone integrali.
Federico Butera proseguendo la riflessione avviata nello scorso numero del Menabò sui limiti dell’impresa ‘irresponsabile’ e sulla necessità dell’impresa ‘responsabile’ o ‘integrale’, ricostruisce, dopo il caso dell’Olivetti quello della Toyota mettendone in luce le caratteristiche più rilevanti. Successivamente Butera individua una serie di caratteristiche che dovrebbe avere l’impresa ‘integrale’ per poter svolgere la sua essenziale funzione sociale e, nelle conclusioni, avanza qualche riflessione sugli ostacoli all’affermarsi dell’impresa ‘integrale’.
Federico Butera, in un articolo diviso in due parti, sostiene che crisi ambientale, povertà, disuguaglianze, strisciante terza guerra mondiale e pandemia richiedono una riconsiderazione del ruolo delle imprese. In questa prima parte illustra i limiti delle imprese ‘irresponsabili’ e, anche ricostruendo l’esperienza dell’Olivetti negli anni ’60, inizia a delineare i caratteri distintivi dell’impresa integrale, ossia quella “impresa normale che sviluppa in modo eccellente e congiunto valore economico e sociale attraverso una strategia e azioni concrete”.